Reddito in contrazione a causa del post incidente: non basta il generico riferimento alle dichiarazioni dei redditi

Non sufficienti, poi, dati reddituali oscillanti e contraddittori che non consentano di inferire con ragionevole certezza l’esistenza del collegamento eziologico tra l’invalidità permanente e la diminuzione di guadagno

Reddito in contrazione a causa del post incidente: non basta il generico riferimento alle dichiarazioni dei redditi

In materia di risarcimento del danno da lucro cessante conseguente a lesioni personali, il danneggiato ha l’onere di provare il nesso causale tra i postumi invalidanti e la dedotta contrazione del reddito. In questa ottica, le dichiarazioni dei redditi possono costituire elemento di prova presuntiva solo se dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, non essendo sufficienti, invece, dati reddituali oscillanti e contraddittori che non consentano di inferire con ragionevole certezza l’esistenza del collegamento eziologico tra l’invalidità permanente e la diminuzione di guadagno.
Questa la prospettiva tracciata dai giudici (ordinanza numero 21893 del 30 luglio 2025 della Cassazione) a chiusura del contenzioso originato da un sinistro stradale, risalente al 1998, che ha visto coinvolto come vittima un commercialista.
Riconosciuto il risarcimento al professionista, risarcimento del danno non patrimoniale (biologico e morale) e, in minima parte, del danno patrimoniale emergente (spese mediche), terreno di scontro è il danno da riduzione della capacità lavorativa specifica. Su questo fronte, difatti, la specifica richiesta avanzata dal commercialista viene respinta: ciò per carenza di prova che l’invalidità avesse inciso sulla effettiva diminuzione del reddito da lui lamentata.
Condivisa dai giudici di Cassazione tale decisione. Ciò perché
sono state apprezzate analiticamente le prove presuntive presenti in atti e, in particolare, quelle desumibili dalle dichiarazioni dei redditi del commercialista. Nello specifico, si è appurato che, dopo il sinistro, i ricavi, e quindi, in proporzione, i redditi, del commercialista aumentarono, anziché diminuire, passando da quasi 215milioni di lire nel 1997, a quasi 270milioni di lire nel 1998, a quasi 225milioni di lire nel 1999, e a quasi 248milioni di lire nel 2000, mentre solo nel 2001 si verificò una diminuzione, con un reddito pari a quasi 177milioni di lire.
Da tali dati non è possibile inferire che l’invalidità permanente abbia causato una diminuzione di guadagno, trattandosi di dati reddituali oscillanti e, pertanto, insufficienti a giustificare il ragionamento presuntivo, portato avanti dal commercialista, che su di essi intende fondare la prova del danno da lucro cessante causalmente dipendente dalle conseguenze del sinistro. Invece, gli elementi ricavabili dalle dichiarazioni dei redditi, in mancanza di risultanze probatorie ulteriori, non consentono affatto di affermare che la diminuzione del reddito nel 2001 sia stata – a scoppio ritardato – conseguenza immediata e diretta di una minor capacità di lavoro del commercialista. Ciò tanto più ove si tenga conto, per un verso, della circostanza che non risultano i ricavi successivi al 2001 e si considera, per altro verso, che il commercialista non ha provato di avere avuto, per ragioni specifiche, una concreta e ragionevole aspettativa di guadagnare, negli anni successivi al sinistro, degli importi maggiori di quelli effettivamente percepiti, e che la frustrazione di tale aspettativa sia effettivamente dipesa dai postumi invalidanti, talché, se non fosse stato portatore dell’invalidità permanente, egli avrebbe, anche negli anni fino al 2000 compreso, percepito delle somme ancora maggiori.

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